Tratto  dalle  "Storie  Vere  e  Fantastiche  dell'Isola  di  Sardegna"

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 <(  Ricordi di  Bambino  )>

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IL    SALVAGENTE

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 -  Settembre  2003  -

 

 (  Angelo  Meridda   Dessena  )

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  IL  SALVAGENTE 

 

  Tanto  tempo fa,  quand’ero  piccolo, ricordo  che  babbo ci  portava,  quasi  tutti gli 

anni,  al mare  perché  diceva che  la  salsedine ed  il   sole  facevano molto  bene  alle 

ossa  ed  alla pelle,  e  per noi,  che  eravamo  nella fase  di  crescita, era  una  cosa 

molto  indicata.

   Andavamo sempre  al  mare di  Golfo  Aranci

perché  c’era  una  bellissima  spiaggia ed  il 

treno  arrivava  proprio dentro  l’abitato.

   Era  da poco  finita  la guerra  e  quasi tutte 

le  case del  paese  erano  semidistrutte  dai

bombardamenti.  

  Noi abitavamo  nella  casa  del  “Re  di

Tavolara” (lo chiamavano così perché 

possedeva  quell’isola),  o  per meglio  dire,  in

quel  poco   che  era   rimasto ;  due  stanzette,  una  per  cucina  ed  una  per  dormire,

  ed uno  sgabuzzino  situato 

in
  una  specie  di   cortile 

anteriore, dove  in  origine 

forse,  c’erano  delle
  stanze, 

perché per  terra    erano 

rimaste  le  mattonelle  del 

pavimento.
 

  In  quello sgabuzzino  c’era  il gabinetto  eal  posto  della porta,  una  tenda tutta 

rattoppata.

  Il  mare di  Golfo  Aranci lo   ricordo  come il  più  bello che  abbia  mai  visto, ma 

si  sa che  i  ricordi di  bambino  sono sempre  i  più   belli;  comunque  quel mare 

era  ed è  ancora  bellissimo.

 

 


 - Golfo  Aranci -

(Anni   trenta –    famiglia e  fotografia

di Gavino Meridda  di Ozieri)

 

 

 

 

 

  L’unica  cosa che  non  ci piaceva  era  il  filo  di ferro  spinato  che  era  rimasto sepolto

sotto  la sabbia  dopo  la fine  della  guerra.

  Infatti,  quando passavamo  correndo  senza stare  attenti,  ci pungeva  i  piedi  con 

un  forte dolore,  che  ci faceva  piangere  e correre  subito  verso babbo,  che  ci 

rincuorava  e  ci faceva  mettere  i piedi  a  bagno,  perché diceva  che  l’acqua del

mare  conteneva  lo “ iodio “ che  era  un ottimo  disinfettante.

  La  cosa che  ci  aveva meravigliato  molto,  era un  oggetto  appeso  ad  un chiodo

dentro  lo sgabuzzino  del  gabinetto : due  pezzi  di  sughero  tagliati a  forma  di 

cerchio  erano  fissati alle  estremità  di  una  fune lunga  circa  60 centimetri. 

  Neanche  mio padre,  che  sapeva  sempre  tutto,  sapeva  a

cosa servisse  quell’oggetto  misterioso.

  Dopo  qualche giorno  arrivò  il  padrone  di casa  per

salutarci e  chiederci  se avevamo  bisogno  di  qualcosa.

  Quando  ebbe  finito  di  parlare  con mio  padre,  noi

ragazzi  gli  chiedemmo  a  cosa  servisse quell’oggetto  

che  era appesa  nello  sgabuzzino.

  Andò  a prenderlo  e  dopo averlo  rigirato  più volte  nelle

mani  ed  aver  tirato con  forza  la fune per  vedere  se era

ancora  buona, ci  disse  che quello era  un  attrezzo che

serviva  per imparare  a nuotare.

  Lo  si usava  appoggiando  la  fune  sul petto   facendola  passare sotto  le  ascelle in

modo  che i  due  pezzi di  sughero  rimanessero dietro  le  spalle vicino  alle  scapole.

  In  questo modo  quando  uno  si  sdraiava sull’acqua  il  sughero  lo  teneva a  galla 

senza farlo  affondare ;  si trattava  in  poche  parole  di un  “salvagente” anche  se  il 

padrone di  casa  non  lo   chiamò  con quel  nome   con  nessun  altro nome.

  L’indomani, lo portammo al mare  e con  nostra  grande meraviglia  tutti galleggiavamo 

come  la  zucca   che usavamo  in  acqua per  giocare  a palla.    

  In  quei tempi  infatti  non era  comune  avere  una  palla di gomma,  molto  rara  e 

costosa,  e  nostro padre  ci  aveva  procurato un  surrogato  scegliendo  una zucchina 

secca  tra  le  più tondeggianti.

  Da   grande, ripensando  a  quel tipo  di  salvagente, mi  sono  più  volte  chiesto chi

avesse  potuto inventare  un  attrezzo simile ; forse  un Sardo ?    O  forse qualcuno  lo

avrà portato  dal  Continente  e poi  i  Sardi lo  avranno  riprodotto ?

  Per  quanto abbia  chiesto  in giro  fra  pescatori e  vecchi  marinai,  nessuno  mi ha 

mai  saputo dire niente  perché  nessuno lo  aveva  mai  conosciuto.

  Tutti  mi  hanno  detto  di  aver  visto  usare  come  salvagente  delle  vecchie  camere

d'aria  di  automobile,  ma  in  quei  tempi  io  ricordo  che  le  camere  d'aria  erano 

molto  preziose  tanto  che  venivano  usate  sino  a  che  non  erano  così  fradice  da

essere  inservibili.

  Le  rattoppavano anche  sui  rattoppi ed  alla  fine, della  gomma  originale  non 

rimaneva  quasi  nulla e  le  buttavano solo  quando non  si potevano  più  rattoppare.

  A  raccontarlo sembrano  cose  incredibili, ma  pensate  che allora  le  donne 

arrivavano  a  disfare anche  gli  stracci per  recuperare  il  filo  da cucire ;  ma  di 

questo  vi  racconterò un’altra  volta.

 

    Milis  Settembre 2003   

 

                                                                            Angelo  Meridda  Dessena 






Angelo  Meridda    Dessena

via   San   Giorgio 19

09070   MILIS (OR)  tf. 0783-51256

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www.angelomeridda.it

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SAREBBE  INTERESSANTE  SE  QUALCHE  SCOLARESCA  A  GOLFO  ARANCI  FACESSE
UNA  RICERCA  TRA  GLI  ANZIANI  ED  I  VECCHI  PESCATORI  PER  VEDERE  SE  ESISTE
ANCORA   QUALCHE  RICORDO  DI  UN  SIMILE  "SALVAGENTE".