TRATTO  DALLE
"- STORIE  VERE  E  FANTASTICHE  DELL'ISOLA  DI  SARDEGNA -"


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STORIE  VERE  E  FANTASTICHE

DELL'ISOLA  DI  SARDEGNA

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ANGELO  MERIDDA  DESSENA


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IL  MARTELLONE  DIVORZIATORE


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MILIS Maggio 2012


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IL MARTELLONE DIVORZIATORE


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   Quando il vecchio signor Beniamino raccontò questa storia mi disse subito che lui non ci

aveva mai creduto ma quasi tutti gli anziani dicevano e giuravano che il fatto era realmente

accaduto.

   Nei primi anni del 1800, nelle campagne tra Tramatza, Solarussa  e Siamaggiore viveva una

giovane e bella ragazza, figlia unica, che rimasta orfana di entrambi i genitori cercava di

mandare avanti alla  bellameglio la piccola azienda che aveva ereditato.

Tutti la chiamavano Pissentica Aurras perché il suo vero cognome nessuno lo ricordava più.

  Aurras infatti era il nome della località dove aveva il suo podere che aveva preso il nome

da un nuraghe che tutti chiamavano Aurras.

   L'insolita bellezza di Pissentica aveva attirato molti pretendenti  ma lei, alla fine, aveva

scelto un anziano, un po' brutto ma ricco, proprietario che aveva i terreni vicino al suo

podere.

   Dal loro matrimonio non erano nati figli ma i due lavoravano e  vivevano apparentemente

di comune accordo.

   Chissà, forse la prima disgrazia sarà capitata per caso o forse no  ma a Pissentica non era

sfuggito che il fatto accaduto le aveva procurato un grande vantaggio economico.

   Un giorno stava lavorando assieme al marito per preparare le botti del vino in vista

dell'imminente vendemmia e poichè il marito era un poco avaro, per non assumere un

domestico, si faceva spesso aiutare da Pissentica che, di corporatura molto robusta, era

forte quanto un  uomo.

   Il marito teneva ferme le doghe ed i cerchi della botte mentre  Pissentica li batteva con

un  grosso martello  di  legno.

   Qualche cosa deve aver sicuramente distratto

Pissentica perché mentre si voltava verso la

porta della cantina aveva sferrato un poderoso

colpo di martello che invece di colpire la botte

aveva colpito la testa del marito. Questo, senza

un gemito, aveva allargato le braccia ed era

caduto all'indietro morto stecchito.

   Questa fu la versione che Pissentica aveva

dato alle autorità che non ebbero dubbio che  era stata solo una fatale disgrazia.

   Fatto sta che la donna si trovò all'improvviso vedova, ricca e  libera.

Passato un po' di tempo di vedovanza aveva ceduto all'insistente corteggiamento che le

aveva fatto un ricco proprietario e si era  risposata.

   Ma anche il nuovo marito, dopo neanche un anno, mentre stavano  lavorando in cantina,

si  era preso una fortissima martellata in testa  ed aveva lasciato Pissentica sempre più

ricca  e più vedova.

   La versione che Pissentica diede alle autorità fu che il marito  era malamente caduto da

cavallo ed aveva battuto la testa.

   Ma già la gente, che non credeva troppo alle disgrazie, le aveva affibbiato il nomignolo

di "Sa Buggina" (la Boia) ma lei non si  preoccupava di ciò che dicevano gli altri ed aveva

provveduto ad  ingrandire la casa colonica dove abitava facendo costruire un grande

palazzo a due piani e si era circondata da servi e serve che la  riverivano come una regina.

   Ben presto venne chiesta in sposa da un richissimo ma vecchio  proprietario terriero che,

neanche a farlo apposta, un giorno, andò a sbattere la testa contro quel dannato

martellone  che in un attimo  rese Pissentica ancora vedova e straricca senza spendere

un solo  centesimo per il divorzio.

   Questa volta, secondo Pissentica, il marito era morto perché si era preso un calcio in

testa  da una mucca mentre la stava mungendo.

   Passarono alcuni anni durante i quali nessuno chiese più in moglie Pissentica forse a

causa  della cattiva fama che le si era creata attorno o forse perchè la sua bellezza era

ormai quasi  del tutto svanita.

   Questa volta fu lei a scegliere il suo quarto marito e poichè era molto ricca non si

preoccupò delle condizioni economiche del suo futuro sposo ma lo scelse giovane e

prestante.

   Era un suo domestico che dopo varie insistenze cedette alla  richiesta di matrimonio di

Pissentica.

   Giovanni, così si chiamava il nuovo marito di Pissentica, non era  però uno sprovveduto

ed  era tra quelli che non credevano troppo  alle disgrazie che raccontava la moglie.

   Perciò, in segreto, si era fatto fare, da un fabbro che conosceva, una calotta di ferro

molto  robusta e dopo averla sistemata in  una custodia di stoffa imbottita, l'aveva  ben

cucita  all'interno del  suo berretto.


   Giovanni non era tipo da farsi mettere addosso i piedi nè dalla  moglie nè da nessuno e

forse per questo alla fine Pissentica si  era stancata anche di lui ed aveva deciso di

divorziare alla solita  maniera.

   Quando però il martellone colpì la testa di Giovanni trovò un robusto ostacolo che, se

anche non impedì di intontire un poco il  poveruomo, gli salvò sicuramente la vita.

   Nessuno sa con precisione cosa avvenne quel giorno ma alla fine Giovanni si ritrovò

vedovo  e ricchissimo.

   I soliti ben informati raccontavano che Giovanni, una volta ripresosi, aveva strappato il

martellone dalle mani di Pissentica e  l'aveva colpita con tanta violenza alla testa da

staccarle, assieme  ai capelli, anche un grosso pezzo di cuoio capelluto.

   A questo punto del racconto il signor Beniamino tirò fuori da un  vecchio mobile un

grosso  martellone di legno annerito dal tempo.

  <<Vedi >>, mi disse, << questo martello io l'ho trovato nella casa  diroccata di Pissentica

Aurras quando da piccolo pascolavo le pecore  in quei posti ed assieme ai miei compagni

rovistavamo dappertutto.

   Quando l'ho portato a casa mio padre mi ha raccontato la storia  che io oggi ti ho

raccontato e mi ha anche fatto notare che sul  martello c'erano ancora attaccati i capelli

ed il sangue di Pissentica.

   In seguito, continuando a rovistare in quella casa, ho anche trovato  il vecchio berretto di


Giovanni con dentro la calotta di ferro che ho

conservato assieme al martello.

   Se li vuoi te li regalo tanto a me non sono mai

serviti e li ho  conservati solo per curiosità >>.

   Felicissimo del regalo, ringraziai il vecchio

Signor Beniamino e  rientrai a casa portando

con me un altro prezioso pezzo di storia della

                                                             Sardegna vero o  fantastico che fosse.


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Angelo Meridda Dessena

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